L’ASSEMBLEA REGIONALE AL TEMPO DEL CORONAVIRUS
La nostra assemblea era prevista per il 19 aprile a Frauenfeld, viste le circostanze l’abbiamo spostata al 13 settembre.
Non è stata un’impresa facile. Il virus c’è ancora ed è molto attivo, probabilmente questo problema ci accompagnerà ancora molti mesi. Quello però che abbiamo constatato è che l’incontro personale è estremamente importante. Chiaramente abbiamo preso tutte le precauzioni possibili e ci auguriamo che tutto quello che abbiamo fatto abbia un risultato positivo. Non tutte le Avis comunali hanno potuto intervenire, anche dall’Italia la partecipazione è stata nulla, abbiamo però avuto la partecipazione virtuale (via Skype) del nostro Presidente Nazionale Giampietro Briola. Il ringraziamento principale però dobbiamo darlo alla Comunale di Frauenfeld, al presidente Domenico Ravizza ed a tutti i suoi collaboratori per l’ottima organizzazione.
V.M.
Un estratto della relazione della presidente:
Avevamo scelto come motto di quest’anno: La comunicazione nel Terzo Millennio. Non potevamo sapere le implicazioni che questo motto avrebbe avuto. Pensavamo di farvi semplicemente partecipi del bel programma preparato da Avis Nazionale per migliorare la comunicazione dei nostri scopi associativi e per unificarci nel messaggio da diffondere.
Ovviamente questo programma resta attuale e vi invitiamo a farlo vostro: un programma studiato e concordato tra tutti porta un maggiore successo: Avis Nazionale lo ha studiato con esperti della comunicazione e, a partire dalla testata delle nostre lettere per arrivare ai manifesti e ai messaggi condivisi, è certo utile anche per noi farne uso.
Tradizionalmente le Avis comunali hanno sempre usato svariati mezzi a loro disposizione per diffondere la cultura al dono del sangue e “reclutare” nuovi donatori: feste locali, religiose e non, luoghi di riunione, posti di lavoro, scuole, erano e sono luoghi demandati ai contatti interpersonali. Avis Nazionale ha sempre supportato la propaganda in questi luoghi e in queste occasioni con manifesti e brochure illustrative.
I nuovi possibili donatori però sono spesso meglio contattabili in altro modo: Facebook, Instagram, Hashtag , Whatsapp sono mezzi più idonei per contattarli.
Alla luce però di quanto successo con la pandemia che ha colpito tutto il pianeta, questo motto fa pensar a molte altre cose: siamo stati bombardati per mesi da immagini, in genere drammatiche, e da messaggi, che si incalzavano l’un l’altro.
Siamo stati storditi da una massa di comunicazioni, tragiche, discordanti, di fake news, di giuste indicazioni mediche, di ordinanze sempre diverse tra loro, che a volte facevano pensare alle “grida” di manzoniana memoria.
La comunicazione stessa in questi mesi è cambiata, sempre più abbiamo dovuto ricorrere a mezzi sostitutivi della ben più gradevole comunicazione interpersonale: social, video conferenze, zoom, skype, meeting virtuali, facebook, instagram, ogni genere di parole tecniche ha invaso il nostro quotidiano. E’ stato un surrogato, ha salvato delle situazioni difficili, ha aiutato persone, associazioni e istituzioni a continuare a comunicare e questo è di non piccola importanza. Ma non è il nostro modo normale di esseri umani di comunicare. Sentiamo ancora la mancanza della stretta di mano, a noi italiani così cara.
In tutto questo caos, dolore, morte, la voce di Avis si è fatta sentire, serena e responsabile: con l’hashtag #escosoloperdonare, Avis ha riportato all’essenziale la comunicazione. C’è stata e, purtroppo c’è ancora, anche se forse meno violenta, la pandemia, è vero, è tragico, ma continuano ad esserci anche gli altri malati, quelli che a causa di leucemia, talassemia, malattie oncologiche hanno bisogno che noi continuiamo ad andare a donare, messa da parte la paura dell’eventuale contagio.
E questo ci porta allora alla comunicazione essenziale, non solo nel Terzo Millennio, e all’anima della nostra missione, all’anima del nostro volontariato. Siamo qui per donare sangue a chi ne ha bisogno e non possiamo fermarci.
Diamo il sangue, ma insieme mobilitiamo altri a darlo, a rendersi disponibili quali donatori per molti anni, salute permettendo, li spingiamo a mantenere stili di vita che, ovviamente, fanno bene a noi stessi, ma ci conservano in buona salute per potere aiutare gli altri.
Quando vedo la difficoltà nel raccogliere i dati delle poche comunali rimaste in Svizzera, quando non riesco a vedere compilati i formulari che il Nazionale ci manda, quando sento qualche presidente che si lamenta della “burocrazia” entrata in AVIS, delle “carte” da compilare, vorrei lasciare tutto. In fondo gli Svizzeri sono un popolo dotato di senso civico e volentieri nelle emergenze rispondono agli appelli e si presentano a donare sangue. La Svizzera ha una buona organizzazione sanitaria. Perché darci da fare?
Tutto vero, ma penso che sia giusto sforzarci e andare avanti. Se finisce Avis in Svizzera, finisce un mondo non sostituibile. Non voglio fare un discorso nostalgico, ma ricordo, perché ho vissuto Avis in Svizzera ormai per 40 anni, come era tutto difficile prima: i presidenti, i segretari, i tesorieri di allora, non avevano computer, cellulari, stampanti e simili “facilitatori”. Avevano dei fogli, spesso a quadretti, qualcuno aveva una macchina da scrivere (spesso quella dell’ufficio o della fabbrica dove lavorava), ma capivano l’idea di fare squadra, di lavorare insieme, di trovarsi con gioia alle assemblee per condividere un tesoro di passione e di missione.
Cerchiamo di ritrovare quello spirito.
Ilaria Giacosa
UN CONTRIBUTO DEL GIORNALE LOCALE: FRAUENFELDER WOCHE